mercoledì 1 febbraio 2012

La "febbre" sismica del Pollino

Anche se oscurata sui media dagli eventi in Pianura Padana, la sequenza sismica del Pollino continua a produrre numerose scosse avvertibili dalla popolazione. Sequenze di così lunga durata sono un fatto abbastanza inusuale. Più volte in questi mesi la sequenza ha fatto pensare ad una sua definitiva estinzione, salvo poi riprendere nuovamente vigore. Per visualizzare in modo comprensibile l'andamento altalenante della sismicità il grafico sottostante visualizza a modo di "grafico della febbre" il tasso di attività della sequenza, riportando il numero medio di eventi in 24 ore con magnitudo superiore ad uno. La giornata di oggi è tipica per illustrare l'imprevedibilità dei terremoti. Il picco che stiamo vedendo in queste ore aumenterà ancora o inizierà la discesa come quelli che lo hanno preceduto? Non abbiamo purtroppo  modo di saperlo in anticipo.

martedì 31 gennaio 2012

La direttività di un terremoto e l'inutilità della previsione

D ... trovo molto interessanti gli articoli da lei pubblicati e sono pienamente d'accordo con il suo parere sulla divulgazione, proprio per questo motivo volevo chiederle di potermi spiegare in parole povere cos'è la direttività di un terremoto visto che ho provato a cercarla in varie fonti ma è spiegata in maniera troppo tecnica.. la ringrazio e buon lavoro 

  Bella domanda, proviamo a uscire dallo schema che vediamo sempre sui giornali dove le onde sismiche sembrano un sasso lanciato nello stagno, concentriche e regolari.
Se guardiamo una lampadina da 100 watt da un metro dobbiamo chiudere gli occhi per il fastidio, ma ad un chilometro di distanza la stessa lampadina è un punto appena visibile. A parità di energia alla sorgente, i segnali luminosi così come le onde sismiche diminuiscono la loro ampiezza in maniera inversamente proporzionale alla distanza. Quando immaginiamo che tutta l'energia di un terremoto provenga da un solo punto lo chiamiamo epicentro. Spesso capita che da un lato dell'epicentro i danni spariscano quasi subito mentre dall'altro lato si propagano per decine di chilometri; questo fenomeno si chiama direttività. Per tornare all'esempio delle luci pensiamo ad un faro che ruota o ai lampeggianti blu delle ambulanze. Nella direzione in cui si proietta il fascio la luce è molto più intensa. La sorgente delle onde sismiche (la faglia) è come un lampeggiante bloccato che proietta più luce in una direzione. Quale sarà questa direzipone dipende dalla orientazione della faglia e dal modo in cui si propaga la rottura sul piano di faglia. Il primo dei due dati a volte è noto prima del terremoto, mentre non possiamo sapere nulla sul secondo fattore. Di solito. dato che la magniudo di un terermoto è proporzionale alle diemnsioni della faglia, i terremoti più grandi sono quelli che manifestano maggiormente questa caratteristica, ma ci sono evidenze di direttività anche per terremoti medio-piccoli.
 La direttività influenza la distribuzione dei danni, dei risentimenti e quindi delle intensità macrosismiche. Non è diffcile vedere l'effetto di sorgente in una mappa delle intensità se a parità di distanza dall'epicentro due direzioni sotto angoli diversi fanno vedere intensità diverse.
 Vediamo come esempio la mappa del recente terremoto di Berceto.

 Se osserviamo le intesità sopra e sotto la linea che corre da NW a SE, ci accorgiamo che a parità di distanza gli effetti avvertiti dalla popolazione sono molto diversi. Il Piemonte e la Lombardia hanno intensità più alte di Romagna, Marche, Umbria e Toscana meridionale.
Quanto visto per intensità al di sotto della soglia di danno si può osservare anche per eventi che hanno causato distruzioni, come ad esempio il terremoto dell'Aquila.

Qui è evidente come la direzione SE (la freccia spessa) è quella dove ci sono stati danni più gravi a parità di distanza dall'epicentro (la stella gialla). Guardiamo due località poste alla stessa distanza, ma rispettivamente lungo la direzione di massima direttività ed in direzione perpendicolare a questa: Goriano Sicoli e Teramo. Nella prima ci sono stati crolli (inclusa la scuola comunale fortunatamente vuota) mentre nella seconda non si sono avuti danni significativi. Ora dobbiamo porci una domanda: se qualcuno fosse riuscito a prevedere epicentro e magnitudo del terremoto, cosa si sarebbe dovuto fare? Quando qualcuno parla di "evacuare l'area" non si rende conto che in realtà prima del terremoto non abbiamo una idea precisa di quale sarà l'area colpita dal terremoto. Mettersi con un compasso sull'epicentro  non serve a nulla. Per qualsiasi ragionevole distanza possiamo stabilire correremmo due rischi: evacuare inutilmente decine di migliaia di persone o non evacuare aree che per quanto lontane saranno duramente colpite. Aggiungiamo poi la complicazione degli effetti di sito e la diversa vulnerabilità delle strutture e ci rendiamo conto che prevedere deterministicamente le conseguenze di un terremoto è impossibile, rendendo di fatto inutile la previsione dell'epicentro e della magnitudo.



domenica 29 gennaio 2012

Rischio sismico: parliamone correttamente

E' apparso sul sito di Repubblica.it un articolo intitolato mappe_terremoto_da_rifare.
La scelta del titolo fa pensare che dopo i terremoti degli scorsi giorni i sismologi si siano accorti improvvisamente di essersi sbagliati, mentre invece i terremoti occorsi erano esattamente del tipo e dell'intensità noti e prevedibili per quella zona.
L'articolo fa poi parecchia confusione terminologica. Il rischio sismico è la combinazione della probabilità di avere un dato scuotimento in un periodo di tempo fissato (la pericolosità) con la capacità o meno che hanno gli edifici presenti di resistere (la vulnerabilità) e con la presenza di beni immobili o immateriali che possono essere perduti per il terremoto (l'esposizione)
Le carte a livello nazionale dell'INGV e le carte di microzonazione sono la base della pericolosità.
I rilievi sugli edifici sono i dati per la vulnerabilità. I dati Istat forniscono la base per la distribuzione della popolazione esposta al rischio.
Ci sono poi inesattezze sparse (conoscendo personalmente tutti gli intervistati ritengo che non abbiano detto quello che gli viene attribuito, ma si tratti di una eccessiva semplificazione giornalistica).

 "I dati disponibili arrivano da Ingv, Protezione Civile, Cnr, censimento Istat del 2001 e dalle compagnie di riassicurazione (che spesso non li diffondono). Ma faticano a integrarsi fra loro. E anche se indagini ad hoc sono state commissionate per quanto riguarda scuole e ospedali, le informazioni restano frammentarie per infrastrutture come ponti, reti elettriche e industrie. "
Le indagini sulle scuole sono state fatte dopo il terremoto di San Giuliano, e non sono solo state commissionate ma anche completate. Vale lo stesso per gli ospedali. L'articolista non cita il fatto che nella legge per la ricostruzione post-Abruzzo è previsto un miliardo di euro per studi di microzonazione, messa in sicurezza degi edifici pubblici e sono previsti fondi anche per i privati in tutta Italia. Il progetto è iniziato l'anno scorso e terminerà nel 2016.
Non mi risulta che le compagnie di riassicurazione abbiano dati alternativi. Quando ho assicurato contro il terremoto la casa dove abito a Potenza, ho potuto constatare che le assicurazioni usano dati abbasstanza poveri, basati più sul valore commerciale che sulla vulnerabilità del singolo edificio.
Le grandi compagnie sono lo sponsor principale di un progetto mondiale per la riduzione del rischio sismico (global earthquake model) i cui progressi sono pubblici.

"Integrando le mappe di pericolosità sismica con i dati sulla natura del terreno, densità della popolazione e caratteristiche degli edifici prese dai censimenti, si ottengono le carte di vulnerabilità"
Queste sono appunto le carte di rischio.

"Per completare l'analisi, si scaverà un pozzo di circa 30 metri misurando la velocità di propagazione delle onde sismiche nel sottosuolo"
L'esecuzione di un foro di sondaggio (e non di un pozzo) a 30 metri è previsto dalle Norme Tecniche sulle Costruzioni quando si progetta un nuovo edificio. Le carte di microzonazione si basano prevalentemente sul rilievo geologico e su tecniche geoficiche di superficie molto meno invasive. I sondaggi (che non hanno profondità prefissata) sono necessari solo in aree dove si ritengano indispensabili approfondimenti di livello avanzato.