sabato 29 giugno 2013

Sismicità indotta o induzione alla sottovalutazione?

Mi segnalano alcuni amici che il terremoto della Lunigiana della settimana scorsa viene attribuito da alcuni siti a cause antropiche. Ormai sta diventando una moda, e ogni sisma viene attribuito a cause umane. Ora, se è noto che alcune attività come l'estrazione o iniezione di fluidi nel sottosuolo o il riempimento di bacini idrici artificiali possono dare luogo a sismicità indotta in un qualche percento dei casi, attribuire un terremoto all'azione combinata di scie chimiche e radiazione elettromagnetica immessa nell'atmosfera rappresenta una summa neoalchemica di alcuna tra le più note "bufale" del web. Per lo "smontaggio" di queste bufale ci sono ottimi e seri siti sia per quanto riguarda le scie chimiche che per HAARP.
Il problema non può esser liquidato come quello di innocui complottisti visionari che non meritano più di un sorriso o un'alzata di spalle.
Quello di cui queste persone non si rendono conto è il danno che creano cercando di convincere la popolazione che ogni terremoto che capita in Italia è causato dall'uomo. Avevo una intuzione un po' ingenua sul fatto che in genere non sia una buona idea distogliere l'attenzione dai veri motivi per cui un terremoto fa danni, ma ora ho potuto approfondire l'argomento in maniera più scientifica.
Questa settimana sono stato due giorni in Germania, presso la Training Base Weeze, ad un workshop di un progetto  europeo che tenta di costruire una comunità che affronti in maniera olistica il problema della riduzione dei rischi da disastri naturali. Hanno partecipato sismologi, sociologi, vigili del fuoco, operatori di protezione civile ed esperti di comunicazione di 10 paesi europei.
Ho trovato particolarmente interessante l'intevento del prof. Stewart Kowalski del Gjøvik University College di Stoccolma, sull'impatto che i modelli mentali hanno nella percezione del rischio e nella messa in atto delle politiche di mitigazione. In particolare per quanto riguarda il perchè le politiche di mitigazione sembrano avere sempre più difficoltà ad essere stabilmente inserite nelle pratiche quotidiane della popolazione è stato citato un lavoro di ricercatori del Risk Management and Decision Processes Center della Università della Pennsylvania, intitolato "Perchè non riusciamo ad imparare dai disastri". Per chi non si spaventa dell'inglese e qualche formula l'articolo si scarica a questo link.
L'idea fondamentale del lavoro è che il sistema "prova e  sbaglia"sul quale si basano gran parte dell'esperienza e della cultura umane non funziona per eventi che hanno tempi di ritorno molto lunghi, e che un singolo individuo potrebbe non sperimentare mai. Se da un lato la funzione di trasmissione culturale viene affidata a miti e leggende (il grande diluvio comune a quasi tutti i popoli), dall'altro ogni individuo si forma un modello mentale di cosa sia un disastro, di come questo accada e di come si possa sopravvivergli. A questo punto un modello sbagliato non solo non contribuisce a diminuire il rischio, ma può aumentarlo. La leggenda urbana del terremoto dell'Emilia generato dal fracking, o quello della Lunigiana causato dai militari fanno pensare che  soluzione del problema terremoto non sia l'ediliza antisismica, la microzonzione o l'informazione della popolazione, perchè tanto il terremoto viene causato dai cattivi, ed è loro che bisogna combattere. Mentre la popolazione si indigna fermamente su FaceBook contro un fantasma inesistente, le faglie nel sottosuolo italiano continuano ad accumulare energia, non si iniziano misure di prevenzione e riduzione del rischio, e così andiamo contro il prossimo disastro annunciato. Dopo il prossimo terremoto naturalmente non mancherà un nuovo colpevole antropico, magari l'eccessivo uso dello shampo nelle docce al mare, che percolando nel terreno lubrifica le faglie.