sabato 10 agosto 2013

Quante regioni sono pericolose come l'Emilia?

Una recente intervista all'ex direttore della sezione INGV di Bologna, il Dott. Andrea Morelli, ha riaperto la discussione su quanto debba essere considerata pericolosa la regione Emilia-Romagna, dato che la zona colpita dal terremoto l'anno scorso era classificata di terza categoria e questa classificazione non verrà rivista.
Innanzitutto bisogna ricordare che la classificazione sismica ha un significato prevaletemente pianificatorio e non serve per la progettazione sismica. Come ricorda il Dipartimento della Protezione Civile "Le attuali Norme Tecniche per le Costruzioni (Decreto Ministeriale del 14 gennaio 2008), infatti, hanno modificato il ruolo che la classificazione sismica aveva ai fini progettuali: per ciascuna zona – e quindi territorio comunale – precedentemente veniva fornito un valore di accelerazione di picco e quindi di spettro di risposta elastico da utilizzare per il calcolo delle azioni sismiche. Dal 1 luglio 2009 con l’entrata in vigore delle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008, per ogni costruzione ci si deve riferire ad una accelerazione di riferimento “propria” individuata sulla base delle coordinate geografiche dell’area di progetto e in funzione della vita nominale dell’opera. Un valore di pericolosità di base, dunque, definito per ogni punto del territorio nazionale, su una maglia quadrata di 5 km di lato, indipendentemente dai confini amministrativi comunali. La classificazione sismica (zona sismica di appartenenza del comune) rimane utile solo per la gestione della pianificazione e per il controllo del territorio da parte degli enti preposti (Regione, Genio civile, ecc.)."

Venendo poi all'intervista mi sembra che Morelli abbia detto cose sensate. In Emilia i terremoti sono più rari che altrove, ma non meno forti. I criteri attuali tengono conto del quanto forte e del quanto spesso, e da questo punto di vista l'Emilia è oggettivamente meno pericolosa della Calabria o del Friuli. Se poi si decide di proteggersi contro il massimo possibile, allora il discorso cambia ma cambiano anche (di molto) i costi. È una decisione politica, non scientifica ed è giusto che i cittadini ne siano informati.
Vediamo il confronto tra la attuale classificazione sismica (a sinistra nell'imagine sotto) e l'intensità massima storicamente nota:

Si vede che l'Emilia non è l'unica zona in terza categoria che in passato abbia avuto terremoti dell'ottavo o addirittura nono grado della scala Mercalli. Tra le altre zone si notano il Salento (in 4° categoria con risentimenti storici del IX grado MCS), il Ponente Ligure, il Piemonte Occidentale, La parte orientale della Valle d'Aosta, la costa settentrionale della Toscana, le provincie di Verona, Vicenza e Treviso, il Lazio Meridionale, oltre ad altre zone più limitate. In queste zone ci sono stati forti terremoti in passato ma il modello di calcolo utiizzato da INGV li ritiene poco probabili rispetto ad altre zone dove i terremoti sono più frequenti.
Il discorso a qusto punto si dovrebbe spostare su di un altro tema: il modello attuale è il migliore possibile o può essere aggiornato?
La Regione Emilia Romagna ha iniziato un percorso che ha proprio per titolo "Verso una nuova carta di pericolosità sismica".
Personalmente ho pubblicato sul Bulletin of Seismological Society of America due articoli, uno che confronta la carta di pericolosità attuale con i dati storici,  mentre l'altro che propone nelle conclusioni 5 suggerimenti per migliorare la prossima edizione delle carte di pericolosità, qui tradotti e riportati:
1. i risultati finali siano forniti di un numero realistico di cifre significative;
2.  siano presi in considerazione
modelli di sismicità alternativi quando possibile (considerando che poche faglie in Italia sono noti in dettaglio sufficiente per superare test statistici sui modelli di occorrenza, si veda ad esempio Mucciarelli, 2007);
3. il risultato utilizzi misure integrali dell'intensità del moto del suolo come l'intensità Housner;
4. i risultati siano validati utilizzando test statistici approfonditi e confrontati con le osservazioni;
5.
siano presi in considerazione effetti di prossimità alla faglia .