R. La domanda mi è stata posta in modo più o meno simile da molte persone, e recentemente è stata anche al centro di una intervista a colleghi INGV apparsa in un articolo su la Repubblica.
La costanza o meno degli eventi sismici può essere rilevata solo su periodi lunghi, probabilmente più estesi dei nostri attuali cataloghi, ma si può comunque tentare di dare una risposta. Prendiamo un catalogo omogeneo, quello della banca dati ISIDE dell'INGV e consideriamo una soglia di magnitudo per la quale siamo sicuri di non aver perso nemmeno un evento ed allo stesso tempo ci siano abbastanza eventi per fare una statistica. Una soglia adatta è la magnitudo 3. Si tratta di eventi ben percepiti anche dalla popolazione, sicuramente registrati dalle varie reti che forniscono dati per le localizzazioni dell'INGV. Negli ultimi 8 anni ci sono stati oltre 2000 eventi di questo tipo. Consideriamo una statistica molto semplice per definire il tasso di attività. Contiamo quante settimane servono per registrare 50 eventi di questo tipo. Il risultato è riportato nella figura qui sotto.
Queste fluttuazioni precedono i terremoti più forti, quelli con magnitudo almeno pari a 5 rappresentati dai triangoli rossi?
No, non c'è una semplice correlazione in nessun senso. Non si può dire che quando l'attività di base aumenta poi vengano forti terremoti (le discese più brusche sono dopo i terremoti principali a causa della coda di aftershock). Gli ultimi 4 forti terremoti sono avvenuti con valori di questo indice compreso tra 10 e 12, ma i primi due in un periodo con indice tra 15 e 20. Ci sono stati periodi in cui questo indice è sceso sotto 10 o addirittura 5 settimane per 50 eventi e non è successo nulla. In un caso l'indice è sceso da 20 a 5 senza alcun terremoto con magnitudo superiore a 5.
Per capire quanto sia importante la scala dei tempi alla quale osserviamo il fenomeno terremoto, proviamo con un altro grafico. Consideriamo ora le variazioni a lungo termine e facciamo un grafico di quanti mesi ci vogliono per registrare 300 terremoti di magnitudo superiore a 3.
Possiamo vedere che il tasso era di oltre 20 mesi per 300 eventi fino al terremoto dell'Aquila, per scendere a causa della coda di aftershock di questo evento. Prima del terremoto dell'Aquila l'andamento era in leggera salita, ovvero ci voleva sempre più tempo per osservare lo stesso numero di terremoti. Dopo la discesa degli aftershock dell'Aquila c'è stata una salita fino a 20 mesi per 300 eventi, poi una lenta discesa senza forti terremoti fino a quello dell'Emilia che ha causato una nuova brusca discesa. Esaurito l'effetto degli aftershock dell'Emilia si vede che nel lungo periodo c'è stata una nuova salita arrestatasi da troppo poco tempo per potere capire quale sia la tendenza attuale. Insomma, anche sul lungo periodo è difficile trovare correlazione tra gli eventi piccoli e quelli più grandi.
Perchè ci sono fluttuazioni nel tasso di attività? Sono completamente casuali o c'è una connessione dovuta ad una causa comune? Non dobbiamo dimenticarci che tutti i terremoti in Italia sono legati alla stessa causa: il moto della microplacca Apula schiacciata dall'Africa contro l'Europa. E' possibile quindi che ci siano delle variazioni di velocità nella convergenza tra i continenti e questo potrebbe portare a periodi di maggiore o minore attvità, come ipotizzato quasi 40 anni fa dal geofisico americano Don Anderson con la teoria della "accelerated plate tectonics" in un famoso articolo su Science.