giovedì 30 agosto 2012

Domande sulla comunicazione del rischio sismico

Sono una studentessa del master in Giornalismo e Comunicazione Istituzionale della Scienza dell’Univeristà di Ferrara e sto scrivendo un articolo sulla comunicazione del rischio sismico. 
Vorrei porle alcune domande:
– puo’ la comunicazione mitigare il rischio sismico ed evitare quindi la perdita di vite umane, e come?

La consapevolezza dei rischi e la conoscenza dei comportamenti da adottare prima, durante e dopo una calamità sono l'unico modo per evitare che un evento naturale estremo si trasformi in catastrofe

- com’è gestita la comunicazione del rischio sismico in Italia e in altri Paesi a rischio? Quali sono le principali differenze?

All'estero esistono strutture molto più organizzate e soprattutto molto più finanziate, tipo lo SCEC Communication, Education and Outreach project.
In Italia esiste da tempo un progetto per le scuole  e dall'anno scorso è iniziata in via sperimentale una campagna di informazione alla popolazione basata sull'impiego di volontari che quest'anno porterà ad almeno 100 incontri in piazza.

- esistono delle linee guida/best practices per la comunicazione del rischio sismico nei confronti dei cittadini e della stampa?

No.

– i social media possono costituire uno strumento valido per questo tipo di comunicazione e in che modo?

Sì, se usati bene da professionisti e ricercetori che comunicano correttamente notizie attendibili.
No, se danno troppo spazio a catastrofisti e propalatori di leggende urbane.

- cosa si fa oggi in termini di educazione/comunicazione nelle zone più a rischio in Italia (Calabria, Basilicata, Campania, ecc.)?

Queste zone sono state e saranno interessate dalla campagna nazionale Terremoto:Io non rischio. Durante la sequenza sismica sul Pollino si è tentato un esperimento di  comunicazione in emergenza i cui risultati sono stati recentemente presentati ad un convegno in un poster visibile qui.

- cosa è stato fatto e cosa non ha funzionato a suo avviso nella comunicazione durante il terremoto de L’Aquila e quello in Emilia? In che modo secondo lei la comunicazione potrebbe essere migliorata?

Credo che la comunicazione sul rischio sismico debba passare per il riconoscimento del fatto che quello da cui dobbiamo proteggere e su cui dobbiamo informare la popolazione sono le conseguenze del terremoto. Anni di esperienza mi fanno sospettare che complesse nozioni di tettonica e sismologia sulle sorgenti dei terremoti o la propagazione delle onde non servono alla popolazione per salvarsi quanto semplici messaggi su dove e come sia meglio costruire le proprie abitazioni, cosa possono  fare le moderne tecnologie per identificare le aree e gli edifici più a rischio, come intervenire per ridurre il rischio.

1 commento:

  1. gentilissimo prof. Mucciarelli secondo lei questi due eventi nella pianura padana possono essere considerati come aftershock sebbene molto a ovest oppure potrebbero rappresentare delle eventuali foreshock?

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